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Le anfore parlano

Mito e Vino

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Un'anfora esposta parla attraverso questi contenuti

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L'anfora parla della viticoltura nell'antica Roma

  Tra le importanti vie di comunicazione, che garantirono un afflusso costante di prodotti alimentari e, soprattutto, di approvvigionamenti di beni, vi fu la via fluviale ofantina e l’antico porto marittimo, con tanto di scalo e moli di attracco. Di questa poderosa opera ingegneristica e fluviale, oltre alle testimonianze antiche, soprattutto straboniane, vi sono gli invasi in muratura lungo il corso dell’Ofanto in direzione marittima, i resti dei moli nei pressi della Chiesa di San Cataldo a Barletta e un sistema di risalite e ricadute artificiali dell’acqua fluviale, all’altezza dell’attuale ponte romano, nei pressi di Canosa. 
  Se una situazione non chiara si delinea, ancora oggi, per il Caricaturo e l’Emporio di Canosa, forse giustificato in parte da alcuni brevi scavi archeologici degli anni Novanta (Marin 1989; D’Ercole 1990a), che misero in luce delle fragili strutture del IV-III secolo a.C. e dalle descrizioni di Mola e del De Leon (1772), che descrivevano i bastioni del porto interrati nei primi anni del XX secolo, così come le piante topografiche del Pastore, datate 1793, che impediscono di datare tali strutture murarie, sono gli sporadici rinvenimenti di anforacei da trasporto lungo la litoranea di Barletta, che permettono di formulare alcune ipotesi sia sulle strutture che sugli approvvigionamenti. Di fatti, nei pressi della foce dell’Aveldium, a circa 3,2 Km da Barletta, oggi in zona Ariscianne - Falce del Viaggio, nella seconda metà degli anni ottanta del Novecento, furono rinvenute delle discrete quantità di resti di anfore da trasporto, la cui forma fu facilmente ricostruibile. Alle tipologie databili tra il II e il I secolo a.C., appartiene un interessante frammento di anfora cnidia, con bollo circolare, avente l’immagine di una testa di bue, con indicazione dell’eponimo Euphragoras, del periodo VI B e quella dei duoviri Laches ed Eupolemos, che la datano precisamente al ranch cronologico tra il 97 e l’88 a.C.

  Attribuibili, invece al periodo della tarda repubblica, ossia fine I secolo a.C., sono alcuni esemplari di anfora Lamboglia 2, tra cui si segnalano alcuni bolli ESTVS e BALI. Si tratta di anfore vinarie, provenienti genericamente dal litorale adriatico. Dal sud della Puglia, sembrano provenire scarse testimonianze. Si registrano alcune anfore olearie brindisine che, insieme alle Lamboglia 2, verranno progressivamente sostituite tra il I e il II secolo d.C., con anfore vinarie provenienti dalla fascia centro e nord adriatica, delle tipologie Dressel 6A e Dressel 2-4, anfore vinarie istriane della tipologia Dressel 6B, in misura tuttavia minore e più controllata. Quasi del tutto assenti, sono invece le tipologie di anfore provenienti dalla penisola iberica, tra cui una sola forma di Haltern 70 vinaria, di origine verosimilmente Betica e alcune forme di Dressel 7-11, identificabili come contenitori di garum, salsa di pesce. Con queste anfore, siamo tra l’età augustea e tutto il I secolo d.C.

 

Dall’analisi breve dei rinvenimenti litoranei, sembra quindi emergere che al porto di Canusium, tra il II e la fine del I secolo a.C., giungeva vino dalla zona rodia ed italica, forse sicula, come sintomo di beni di lusso e olio, in quantitativi ovviamente simbolici, dal brindisino.

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